La mia collezione di modellini (dal 1998 al 2000)
E’ il primo lavoro strutturato, vi sono due elementi della fotografia che accompagneranno tutta l’opera di Rinaldi: la proprietà, della fotografia, di ridurre “virtualmente” la dimensione degli oggetti, di fare del mondo uno spettacolo in miniatura e, dall’altro lato, la possibilità di adottare punti di vista molto liberi, la capacità di operare piccoli o grandi spostamenti dall’impianto di veduta sette-ottocentesco, quello che sembra informare la fotografia fin dagli inizi della sua storia.
Quello che viene fotografato contiene comunque l’idea della simulazione, del giocattolo, è già di per sè un modello: viene messo in atto un gioco di rimandi come tra due specchi contrapposti, una riflessione su questo aspetto della rappresentazione.
Il punto di vista è bassissimo, la camera appoggiata a terra come in certe foto di Eliot Erwitt, come in certe poco conosciute foto del primo Franco Vaccari (all’inizio degli anni Sessanta) o certe indagini di interni di Elisa Sighicelli.
La serie inizia con un Luna Park, metà dell’inquadratura è occupata dal terreno rendendo l’otto volante, i camion, il profilo delle montagne ritagliate come giocattoli. E’ forte l’eco della serie ghirriana Il Paese dei Ballocchi, della serie, sempre del fotografo emiliano, sull’ Italia in Miniatura (e uno dei titoli di quella serie era proprio -In scala-). La serie si snoda per assonanze: al profilo delle finte montagne segue la linea della muratura sbrecciata di una cascina, veicoli agricoli, un rapporto tra oggetto e sfondo sottilmente spaesante che rende aleatoria la resa delle dimensioni: macchinine, trenini, camioncini e ruspe fino a una bicicletta. Tutto nell’ arco di poco più di un anno, ma la luce è uniforme, morbida e alta. Anche il cielo padano sembra basso come il soffitto di una camera dei giochi.
© Paolo Barbaro
E’ il primo lavoro strutturato, vi sono due elementi della fotografia che accompagneranno tutta l’opera di Rinaldi: la proprietà, della fotografia, di ridurre “virtualmente” la dimensione degli oggetti, di fare del mondo uno spettacolo in miniatura e, dall’altro lato, la possibilità di adottare punti di vista molto liberi, la capacità di operare piccoli o grandi spostamenti dall’impianto di veduta sette-ottocentesco, quello che sembra informare la fotografia fin dagli inizi della sua storia.
Quello che viene fotografato contiene comunque l’idea della simulazione, del giocattolo, è già di per sè un modello: viene messo in atto un gioco di rimandi come tra due specchi contrapposti, una riflessione su questo aspetto della rappresentazione.
Il punto di vista è bassissimo, la camera appoggiata a terra come in certe foto di Eliot Erwitt, come in certe poco conosciute foto del primo Franco Vaccari (all’inizio degli anni Sessanta) o certe indagini di interni di Elisa Sighicelli.
La serie inizia con un Luna Park, metà dell’inquadratura è occupata dal terreno rendendo l’otto volante, i camion, il profilo delle montagne ritagliate come giocattoli. E’ forte l’eco della serie ghirriana Il Paese dei Ballocchi, della serie, sempre del fotografo emiliano, sull’ Italia in Miniatura (e uno dei titoli di quella serie era proprio -In scala-). La serie si snoda per assonanze: al profilo delle finte montagne segue la linea della muratura sbrecciata di una cascina, veicoli agricoli, un rapporto tra oggetto e sfondo sottilmente spaesante che rende aleatoria la resa delle dimensioni: macchinine, trenini, camioncini e ruspe fino a una bicicletta. Tutto nell’ arco di poco più di un anno, ma la luce è uniforme, morbida e alta. Anche il cielo padano sembra basso come il soffitto di una camera dei giochi.
© Paolo Barbaro
Maurizio Rinaldi © 2018